I ristoranti che dichiarano di offrire piatti a km 0 ma utilizzano prodotti di origine industriale: la truffa invisibile che si cela nei menù.
L’attrattiva di consumare prodotti a km 0 affascina molti consumatori, convinti che siano sinonimo di freschezza e sostenibilità. Tuttavia, un inganno insidioso si nasconde dietro le cucine di alcuni ristoranti: piatti dichiarati a km 0 che, in realtà, utilizzano ingredienti di origine industriale. Questo fenomeno, oltre a ingannare i clienti, li espone a rischi per la salute e a prezzi gonfiati senza giustificazione.
Le leggi proteggono i consumatori, ma il problema persiste, come dimostrato da casi eclatanti come quello dell’olio extravergine di oliva falsificato. È fondamentale essere informati per evitare di cadere in queste truffe alimentari.

Cosa significa veramente “km 0”
Il concetto di km 0 è ampiamente diffuso nel settore alimentare e della ristorazione, riferendosi a prodotti provenienti da una distanza massima di 70 km dal luogo di vendita o consumo. Questo termine evoca l’idea di freschezza e ridotto impatto ambientale, ma non garantisce né qualità superiore né sostenibilità. Un prodotto a km 0 potrebbe non essere biologico, eppure la sua attrattiva risiede nella percezione di un minore impatto ecologico. Per il consumatore, è essenziale essere consapevoli delle limitazioni di questa etichetta per fare scelte informate.
Il rischio di frode alimentare nei ristoranti
I ristoranti hanno colto l’interesse dei consumatori per i prodotti locali, includendo nel menù piatti a km 0. Tuttavia, alcuni locali dichiarano di utilizzare tali ingredienti solo per attrarre clienti, mentre in realtà impiegano prodotti industriali. Questa pratica costituisce una vera e propria frode alimentare, aggravata dal fatto che i consumatori pagano un prezzo maggiorato per una qualità ingannevole. La legge sanziona severamente queste truffe, con multe che possono raggiungere i 9.500 euro. Tuttavia, la persistenza di questi comportamenti richiede una maggiore vigilanza da parte dei consumatori.
Il pericolo nascosto dietro l’olio extravergine di oliva contraffatto
Un esempio emblematico di questa truffa riguarda l’olio extravergine di oliva. In un’inchiesta di Gambero Rosso, è emerso che alcuni ristoranti spacciavano olio di scarsa qualità, prodotto con semi di origine sconosciuta, come autentico olio extravergine. Per mascherare l’inganno, venivano utilizzati additivi come clorofilla e beta carotene, quest’ultimo potenzialmente dannoso per la salute, aumentando il rischio di cancro ai polmoni nei fumatori e risultando pericoloso per le donne incinte. Questo caso sottolinea quanto sia cruciale una maggiore trasparenza per proteggere i consumatori da rischi economici e sanitari.